Rosa e bianco

Ci sono alcune sere in cui mi costringo a tornare a casa con gli occhi abbassati, strisciando contro i muri del mio palazzo. Sono quelle sere che inspiegabilmente riesco a fare zero rumore sulle scale (o almeno cosi’ mi pare), e fisso l’alternarsi del marmo degli scalini. Rosa. Bianco. Rosa. Bianco. Muri gialli. Vomito, tra poco.
Inserire la chiave nella toppa significa tremare e agitarsi in una tachicardia di supposizioni. Una volta girata la maniglia, non ci si puo’ mai immaginare la scena a cui ci troveremo di fronte. Alcune sere lei trabatta con le pentole, lui sprofonda nel divano a piume d’oca di fronte ad una pagina del Televideo. Altre sere se la ridono guardando quel tizio pelato che fa delle domande un po’ stupide alla gente. Altre sere si urlano, gesticolano, sputano manco fossero dei lama.
Ma mi bastano 10 secondi e mezzo per entrare – togliermi un pile – fare le scale a chiocciola e sedermi di fronte al pc, o sbragarmi sul letto, a faccia in giu’.
Paolo, questo sei tu, qualche anno fa, ti ricordi?

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