La versione di Barney

Tanti mi hanno parlato bene di La versione di Barney. Non ho visto il film e non penso nemmeno lo farò. Ma erano anni che volevo leggerlo e finalmente.
Sarò stupido o limitato ma inevitabilmente finisco per accostarlo a Le correzioni, di Franzen, un altro libro che ho adorato.
La versione di Barney è una bellissima storia di un padre di famiglia, delle sue tre mogli, dei suoi tre figli, dei suoi amici, del suo lavoro. E’ un’ode alla vita e agli eccessi. Al whisky, al cognac, a Parigi, a Venezia, alla propria città, alle fughe al lago.
Barney è tutto ciò che non bisognerebbe e non si dovrebbe essere, ma inevitabilmente è uno dei personaggi più carismatici e veri di cui si possa leggere. Con le sue idiosincrasie e le sue paure, i suoi rancori, e le sue vendette. Le lettere che scrive per prendersi gioco di chicchessia.
Barney si diverte. E non si prende mai sul serio. E pare faccia la guerra a chi, invece, è troppo tronfio e conforme al proprio ruolo, fosse quello dell’artista parigino, fosse quello della nobildonna ebrea. Il padre di Barney, poi, un poliziotto in pensione, è una macchietta da far ribaltare dal ridere. Lui e i suoi racconti al limite che lasciano gli astanti a bocca aperta. Stupendo.
Scritto come una memoria, una sua versione dei fatti, mantiene un tono ironico e strafottente per le oltre quattrocento pagine, puntualmente striato da una malinconia per le forze che se ne vanno e per l’amore di Miriam, l’adorata Miriam.
Ho il cuore che è un colabrodo, forse, ma mi sono commosso sul loro primo incontro. Giuro.
I salti temporali continui non rendono la lettura faticosa, poi.
Aprite le pagine e immergetevi in quel mondo.
Ci sono mille nomi e milioni di digressioni.
Ma non perdetevi: siete sempre in un mondo raccontato da una persona che ama a dismisura ogni millesimo della propria vita, dall’inizio, fino alla fine.
Bello, bello davvero.

Mordecai Richler
La versione di Barney
Adelphi

‘Lei è uno strizzacervelli?”.
”Si”.
”Allora lasci che le dica una cosa. Non sono mai andato d’accordo con sciamani, stregoni o psichiatri. Della condizione umana hanno capito molto più Shakespeare, Tolstoj o persino Dickens di chiunque di voi. Siete una banda di ciarlatani sopravvalutata, che si ferma alla grammatica dei problemi umani, mentre gli scrittori che le ho nominato badano all’essenza. E non mi piacciono le etichette vacue che appiccicate alla gente, né le parcelle che chiedete per le perizie di parte. E non mi piacete in tribunale, uno per la difesa, l’altro per l’accusa, l’un contro l’altro armati, ma entrambi col portafoglio gonfio. Voi giocate con la testa delle persone, e siete inutili, se non dannosi. Inoltre, stando a quanto ho letto di recente, avete abbandonato il lettino per i farmaci. Paranoia? Prenda questo due volte al dì. Schizofrenia? Sciolga questo in bocca prima dei pasti. Io prendo un whisky al malto e un Montecristo per tutto, e le consiglio di fare altrettanto. Fanno duecento dollari, grazie”.

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