Mu:

Commuoversi sempre, apnea.
Il telefono suona la marcetta, ma dall’altra parte tuo padre ha una voce da oltretomba.
Sono le quattro del pomeriggio e ancora non sai se fuori c’e’ il sole o no.
Puzza di pioggia non c’e’, perlomeno.
Pronto? Ciao pa’.
E riattacca con la tiritera solita.
Dice che senza tua madre non ce la fa piu’.
Dice che l’altro giorno ha fatto dei casini anche al lavoro.
Dice che non pensava che gli potesse mancare cosi’ tanto Nino che, da quando esce con Jasmine, non e’ piu’ lo stesso.
Che ha un sacco di tic nuovi, e che se si guarda in bocca trova un mucchio di piaghette bianche.
Click.
Si, ciao pa’, anche io sto bene. Si… piacerebbe anche a me chiaccherare un po’ con te e raccontarti cosa mi frulla per la testa in questo periodo di merda, ma a quanto pare non hai bisogno di sentirmi parlare di certe cose. E’ proprio vero che quando si sta male si diventa anche tremendamente egoisti ed egocentrici. Come se il nostro male sia in competizione con quello di chi ci sta vicino e, necessariamente, superiore a qualsiasi dolore altrui.
E comunque e’ sabato. E stasera e’ sabato sera. E devo darci dentro.
Dov’e’ che ho dimenticato il sorriso da ebete? Forse in quel cassetto laggiu’?
Grazie pa’, si, si, ciao, ti chiamo io quando mi saro’ dimenticato per l’ennesima volta che sei in grado solo di farmi del male. Che non sei proprio capace di dimostrare il bene che mi vuoi. Che non mi fido di te.
Bastardo troppo consapevole che non posso fare a meno di te.


Credevi di farcela, Paolo.
Ma vivi a malapena.
Hai perso di vista Joe perche’ sei un idiota. Proprio a lui dovevi dire che non ce la fai a parlare con chi ti sta attorno? Solitudine forzata, vittimismo adolescenziale come soluzione. Che patetico sai essere.
Illuditi di trovare risposte differenti da quelle che comunque ti brucano l’esofago e lo stomaco da un mese bello pieno. Illuditi, ma ormai affondi nel non-respiro quotidiano.
Ed e’ la solita solfa.
E’ sabato sera.
E devi darci dentro.
Un bicchiere che sembra una bomba di sangue tra le dita, il pensiero costante rivolto a Gianni con le mani tra i capelli, Francesca sempre piu’ lontana, e la necessita’ di rimanere tranquillo. E poi Bordeaux, Chianti, Primitivo, un rosso a scelta e un bis, e poi un altro ancora. Cenare? Non se ne parla.
Il fegato ti duole.
E ormai hai incatramato per bene le dita di nicotina.
E’ una corsa all’autodistruzione.
Il germe nel dna che gentilmente ti ha regalato tuo padre.
E’ tempo di andarsene altrove.
Fai il pieno e scappa.
Ora.
Prima che l’abulia nostrana, il ricordo di ieri sera di nebbia che sale dai campi, l’inerzia appiccicosa diano inizio alla cerimonia violenta dello struscio pomeridiano, della bolgia notturna, che non ammette facce scure, depressione e impazienza. Impazienza poi per che, se il massimo e’ lamentarsi di quanto poco ci sia da fare…
300 kilometri forse bastano.
Ma non ci credi neanche tu.

Penso troppo a lungo davvero,
ma io non voglio essere noioso
ognuno ha gia' i suoi guai.
Non c'e' fiducia, per niente,
ma io credo in una svolta.
A cosa serve svegliarsi,
se tu non ci sei?
E' sabato sera e devo darci dentro

2 Comments

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alereply
2 October 2004 at 19:03

gasta..stasera vado a sentire i KARNEA..aggratis..se vuoi li gonfio un po’ per te!!baxxxx

mafioreply
2 October 2004 at 19:43

che culo………..

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