Oceano

Non c’e’ tempo per fare domande.
Quello era Jamal, il principe dei barboni. E’ lui, o meglio, era lui. Ma che gli e’ successo? Dov’e’ finita la sua barba, le sue infradito. Da fenomeno da baraccone si e’ trasformato in un turista qualunque.
Vorresti raggiungerlo, ma le gambe non rispondono agli stimoli cerebrali. E’ normale, pensi. Sono lobotomizzato. Funzionano cosi’, le lobotomie, quelle del nuovo millennio. Entri in una cabina telefonica, appoggi il padiglione auricolare sul’altoparlante della cornetta, in modo che i fori d’uscita muovano l’aria e trasmettano, per moti di compressione e rifrazione e riflessione le parole della tua fidanzata che, mentre tu sei lontano qualche kilometro di terra e mare, ti annuncia la sua immediata partenza. Per ulteriori milletrecento kilometri.


Questa e’ lobotomia. Non c’e’ altra parola.
Perche’ e’ uguale che farsi infilare una sorta di uncinetto per le narici, ancorare il lobo frontale e tirare. Piano piano, un intestino di materia grigia.
Fissamente instupidito, non pensi a lei che se ne va sul primo aereo. No. Ti metti in testa di rincorrere quel barbone vestito della festa. E mentre il sangue che ti e’ caduto dal naso ha fatto una pappetta con la terra battuta tra le tue gambe, apri la bocca, senti il sapore di ferro in fondo alla gola, sputi.
Jamal e’ all’altezza del Pain Chaud #7, di fronte alla brasserie, appena prima del negozio di articoli da mare. La gente multicolore che si muove per il mercato del sabato mattina ha gia’ divorato la sua figura. Muovi un piede, poi un altro. Cammini e ti ritrovi a correre. Non provi dolore, non provi piacere. Un manichino che perde sangue.
Ehi!, ti mette ad urlare. Ehi!, una famiglia alla tua destra ti guarda come si guarderebbe un riccio schiacciato sull’asfalto.
Jamal e’ lontano, ma si blocca quasi subito, appena ti sente.
Ti fai piu’ vicino. Lui fa per venirti incontro, ma e’ solo un’illusione. Ricominci a vedere i suoi occhi di neve. Ti scaldano e ti bloccano.
A cinquanta metri, l’uno dall’altro, non lo puoi udire, ma lo senti perfettamente.
– Lascia che sia oceano.
Francesca amava parlare di un verme dentro che ti divora. Un verme che non conosci da molto tempo. E che adesso sembra essere tornato in vita. Da quanto tempo non ti faceva visita? Ti senti il caldo crescere dal torace, salire per il collo. Lo sguardo di Jamal trapassa le persone che si fanno tra di voi.
– Come? Devo lasciarla andare? – sussurri.
– Lascia che sia oceano. Tu, lei, io. Noi. Permettilo. Non inscatolare la possiblita’.
Paolo, ti sta parlando davvero o sei tu che vuoi sentire queste parole incomprensibili? Fai un altro passo, mentre Jamal sposta la sua attenzione altrove.
– Aspetta! – urli.
Lui ispeziona la zona con i raggi x, ti inchioda e ti chiede di non insistere cosi’ a lungo. Ti senti riscaldare, pulisci il naso con il polso, ormai sporco di sangue coagulato e molli la presa.
Non lo vedi piu’, perso tra i turisti che mangiano pan au chocolat.

2 Comments

Join the discussion and tell us your opinion.

mfioreply
13 November 2006 at 11:01

“non inscatolare la possibilita'”….hmm….cacchio, e’ da neanche un anno che ci siamo persi di vista e tu gia’ inizi a parlare come paolino boriani…
facci attenzione ne’…si finisce male cosi’…
si diventa autoreferenziali!!! ; )

wiccireply
14 November 2006 at 01:59

“Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui della bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense.
Queste parole da loro ci fur porte.
Paolo e Francesca

Leave a reply

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.