La giornata di melassa, lenta e silenziosa, sembra non avere il minimo senso.
Da giorni le tapparelle rimangono abbassate, come a conservare il fiore reciso della ritrovata malinconia che da anni accompagna la vita di Anna.
E se per alcuni mesi, insieme alla sua migliore amica, e’ riuscita ad essere la spalla di giochi esotici e bizzarri, ora, ahilei, sente che tutta quell’area del cervello che produce felicita’ e serenita’ ha lavorato troppo e ha deciso di andarsene in ferie, senza preavviso.
Colpevole delle proprie lacrime, si barrica sotto le coperte, legge un libro inutile e spera che nessuno la chiami.
Quando il bambino era bambino, se ne andava a braccia appese.
Voleva che il ruscello fosse un fiume, il fiume un torrente, e questa pozza il mare.
Quando il bambino era bambino, non sapeva d’essere un bambino.
Per lui tutto aveva un’anima, e tutte le anime erano tutt’uno.
Quando il bambino era bambino, su niente aveva un’opinione.
Non aveva abitudini. Sedeva spesso a gambe incrociate, e di colpo sgusciava via.
Aveva un vortice tra i capelli, e non faceva facce da fotografo.

Non e’ proprio la giornata. Men che meno la serata.
Una bottiglia di whisky puo’ servire, mille sigarette sono solo la cornice per la faccia che si auto-infligge nostalgia e mendica ricordi.
Mark Lanegan suona in sottofondo.
Cento giorni, mentre il crepuscolo torna puntuale, e non sento ragione, faro’ sempre uguale.
Like one long season of rain, I will remain
Thinking of you…

Paolo s’allunga, occhi socchiusi, solo.
Gianni non risponde alle sue telefonate.
Sua madre pare sia ritornata nei ranghi, anche se e’ preoccupata per Anna.
Ha sentito Fra al telefono, alla fine, ma ogni frase e’ stata sciacquata di idiozie. Non cambiera’ mai, anche se rimarra’ sempre l’unica.
Di Joe non ha notizie.
Gaspare e’ sempre piu’ disilluso.
Ubriaco com’e’, al bancone del Son de guitar, pensa alla sua vita come se fosse quella di un personaggio di un libro. Fino a quel momento avrebbe potuto essere qualcosa di comico.
Ora si rende conto di essere una marionetta di un gioco drammatico e macabro.
Ho chiuso con me, dice.
Fatemi ruttare l’anima, dice.
Non sono ancora libero, dice.
Basta cosi’, facciamola finita, pensa.

Inutile sprecare ulteriore fiato, dare altra importanza ad un fatto di per se’ futile.
Rimane solo una cocente delusione verso gran parte del genere umano, la consapevolezza di essere stati ingenui e la ferma promessa di ripensare a rapporti con persone evidentemente troppo idioti.
Anna si mette le mani nei capelli, poi si fa passare la mano sul viso, cercando di coccolarsi da sola.
Ora, pensa, basta cosi’. Non mi sprechero’ mai piu’ con persone che non meritano un secondo della mia vita. E smettila di pensare da stupida ottimista che gli altri siano tutti quanti esseri pensanti. Ti sbagli, cazzo, Anna! Ti sbagli! Ma testona come sei devi andare fino in fondo alle cose, prima di capirle, vero?
Tira fuori il piumone dall’armadio, aria condizionata a diciotto gradi, un peluche, Casablanca e a letto senza pensieri.

Tutto quanto e’ uno schifo.
Sentirsi rinfacciare cose antiche di cinque anni, no, proprio non ci voleva.
E’ necessario, dopo un accadimento del genere, ripensare ad ogni azione, pensiero, emozione condivisa con quella persona. Se non ti ha mai perdonato, quanto e’ stata ipocrita, allora? Fingere di aver dimenticato.
E tutto da suo figlio.
Conato di vomito.

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Una settimana intera a Ibiza.
Spiaggia e mare, sole e vodka. E poi donne in bikini, costumini striminziti in due pezzi strabilianti all’uncinetto o lycra ultratecnologica. Smagliature megasexy, strabismi di venere, perfezioni addominali, microculi sotto capezzoli inturgiditi dal fresco della brezza notturna che viene dal mare.
Gaspare non pensa che a bere cocktail, uno dietro l’altro, ballando musica house in stile C.O.C.C.O. al chiaro di luna.
Nessun pensiero lo tange, fermo e immobile nell’animo, mentre fa oscillare il corpo al ritmo dell’ennesima hit sparata a diecimila watt dal deejay del baracchino sul mare. Un manipolo di ragazze molto piu’ giovani di lui prendono a fare giochi lesbo, sculettando il perizoma a ritmo di cassa.
La pace dei sensi. Non ricorda ne’ Alessandra di Padova, abbandonata ansimante su un letto sudato, ne’ quelle gambe perfette di quella donna che, insieme a lui, ha passato tre giorni a base di champagne e cocaina.
Spingi e aspira.
Inala e stappa.
Versa e bevi.
Sorridi.
E fallo di nuovo.

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Una fotografia ha un potere esagerato, talvolta. Sudore freddo e giramenti di testa quando tornano in mente una serie di eventi concatenati che hanno una sola persona come diretta responsabile...

Ascolta, Fra… si, sono Paolo… si, sono quattro anni che non ti chiamo, ok, lascia per… oh, mi fai par… mi fai parlare? Stai zitta, per favore, che gia’ non avevo la minima intenzione di chiamarti, ma… si, sono via, sto beno… sto benone, oh, mi stai zitta due secondi?
Ooh… vacca di’…

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Il fulmineo incrocio di sguardi di occhi ghiacciati. I piedi callosi che disegnano strani simboli sulla terra punteggiata di costellazioni di noccioli di olive. Barba bianca. Mani che tremano. E in un lampo, senza motivo, una serie di ricordi imprevisti.

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