Baol
Ciò che rende Baol uno dei migliori libri di Benni è una miscela di elementi che già abbiamo imparato ad amare dell’autore. E se l’autore non lo conosciamo, potrei azzardare nel dire che Baol è un perfetto prontuario della sua scrittura, un manifesto programmatico dei libri che lo precedono e lo seguono.
Innanzitutto fa ridere. Sin dalle prime pagine si ha a che fare con personaggi inverosimili e nello stesso tempo assolutamente reali. Il barista Galles e i suoi cocktail sono una delle pagine più divertenti che abbia letto.
Oltre all’ironia c’è la satira, quella vera, graffiante e imponente, in cui l’Italia viene messa spalle al muro con tutto il suo masochismo visivo e l’attitudine alla genuflessione verso chi è importante. Il lecchino è uno di quei personaggi scolpiti ad arte.
E poi c’è una punta di nostalgia, di rassegnazione, che fa entrare Baol nella mia persona classifica dei migliori libri della vita.
Ci sono le stragi, la collusione dei nostri politici con la mafia, la P2, il monopolio dell’informazione, le veline e le puttane di stato, Studio Aperto e Emilio Fede, la verità piegata con le immagini. Solo che è stato tutto scritto nel 1990.
Il monologo finale è pura arte.
Consigliato vivamente.
Il barista si chiama Galles, perché ha preso tante bottigliate in faccia che è tutto ridotto a quadri e losanghe. Lo potrebbero usare come bersaglio per le freccette (anzi, qualche volta lo fanno). La sua specialità sono i cocktail: mette insieme dei ceffi di liquori e ne fa un ottimo equipaggio. I suoi cocktail leggendari sono: Anagrafe, Rappresaglia e Menedaunàl.
Anagrafe è così detto perché se ne bevi più di due, dopo devi andare all’anagrafe per sapere chi sei. Rappresaglia sono venti parti di grappa italiana per una di grappa tedesca. Poi c’è il Menedaunàl. Favoloso. Dopo averlo bevuto, ti vien sempre voglia di fare il bis. Allora chiedi, appunto: “Me ne dà un al…” Ma nessuno ha mai finito la frase, si schianta a terra prima.
Baol
Stefano Benni
Feltrinelli