Un calcio in bocca fa miracoli

Ho faticato molto per riuscire a finirlo.
Eppure ha un titolo bellissimo, è scritto in modo molto leggero, la storia – seppur sottile – tiene fino alla fine, ci sono alcune frasi che meritano di essere ricordate e, cosa che non sottovaluto, fa parte dei Coralli Einaudi (carta meravigliosa, bel nero dei caratteri, piacevole al tatto).

Ma rimane la fatica.
Il “vecchietto” protagonista di Un calcio in bocca fa miracoli non riesce minimamente a risultarmi simpatico. Non riesco a capire il suo “drive”, il suo motivo di esistere, il perché del suo cinismo o del suo essere stronzo. In 190 pagine non sappiamo niente di lui se non di qualche sua marachella, nemmeno tanto da spanciarsi dalle risate.
Mi chiedo quanto mi possa interessare della vita di un 75enne che fa di tutto per fare il cattivello, ma che in fondo non è che se la passi così male. Non è in pericolo di vita, è amato dalla figlia, tutto sommato la moglie Orietta gli vuole ancora bene, il suo amico Armando è inspiegabilmente legato a lui, la portinaia lo tratta con educazione e rispetto. Nessuno si ribella alle sue cazzate. La passa liscia sempre.
E il modo in cui in qualche modo si ravvede su qualche sua posizione mi sembra scontato.

Insomma.
Dovrebbe filare via liscio.
Ma qui mi manca un qualche slancio improvviso in grado di spiazzarmi.
Direi no, lasciamolo perdere.

Una delle grandi tragedie della nostra epoca consiste nel fatto che tutti sono convinti di avere un’opinione. Qualunque babbeo ti trovi di fronte si sente in dovere di dire la sua sull’economia mondiale, sul Medioriente, sull’ultima scoperta scientifica. Ci vorrebbero delle sanzioni economiche: sei un imbecille, parli del crollo delle Borse, trecento euro di multa. Invece niente. Per questo la televisione è piena di calciatori che commentano la Divina commedia e di mignotte che si battono per la salvaguarda della natura (tranne quella che hanno tra le gambe, naturalmente).

Un calcio in bocca fa miracoli
Marco Presta
Einaudi

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