Cappuccio e brioches

D’improvviso si aggorge di ritrovarsi a pensare a quelle notti passate con la bella sconosciuta, quasi un mese fa.
Il tutto mentre si sta tirando su i pantaloni, chiuso nel gabinetto del Bar Magenta di Corso Garibaldi, dopo che il solito cappuccino e sigaretta, postumi dell’ennesima sbornia di alcool e figa, l’hanno costretto al rituale mattutino della cagata a spruzzo.


Stringe gli occhi un attimo, prima di riallacciarsi la patta, e se fosse un cartone animato ora avrebbe un punto di domanda luminoso sopra alla testa. Si guarda attorno, alza il naso per verificare se sia per caso entrato il profumo di qualche donna, ma sente solo l’odore che lui stesso ha prodotto.
Mai piu’ aveva pensato a lei. Lei che per un istante l’ha quasi rendento. Lei, in grado di rapirlo in silenzio, senza muovere un muscolo, lasciandosi trascinare dai suoi eccessi, smorzandone gli angoli, rendendolo, parola ignota, anche felice, per un attimo.
Termina di fretta la vestizione per capire cosa diavolo sia successo.
Ma ne’ nel bagno, ne’ nel bar c’e’ qualcuno di nuovo.
Sensazioni, pensa.
Forse ho esagerato troppo, ieri sera, dice ad alta voce.
Paolo, intanto, dietro al bancone, mentre sfuma di cacao l’ennesima bevanda schiumosa, chiede al Marco, il capo, chi diavolo sia quel faccia di cazzo, uomo di confine, ne’ carne ne’ pesce, pieno di se’ che si ostina a fumare al banco quando non e’ consentito, che si chiude in bagno ogni mattina facendo rumori osceni, che fa nevicare zucchero ovunque…
Marco lo zittisce rapidamente.
“Quello e’ Gaspare, quello che ci da’ da vivere. Quindi, silenzio.”
Nel mentre, Gaspare, grattandosi i testicoli, esce dalla porticina in fondo al locale, raggiunge la cassa, paga con un pezzo da 100 e se ne va fischiettando “Come sei bella” dei Camaleonti.

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