Tra un colloquio e un altro

Nel tempo libero passeggiavo per Londra o andavo in qualche café per mangiare qualcosa e collegarmi a internet. In questo modo potevo tirarmi su di morale e mandare altre email per i colloqui.

Dico tirarmi su di morale perché non è un cazzo facile. Non è facile capire e farsi capire, rimanere calmi, vendersi bene, con un vocabolario limitato e una pronuncia imbarazzante. E camminare, prendere i mezzi corretti, arrivare in tempo. Ma ancora e lo ribadisco, è difficile capire.
Credevo di sapere abbastanza bene l’inglese e mi sbagliavo. Ho fatto davvero fatica a capire quello che mi dicevano. E poi, insomma, quando si tratta di un colloquio, il punto è che non è una conversazione da bar, ma dovrebbe averne l’aria: bisogna essere rilassati, ma sicuri, professionali, ma sbarazzini, competenti, divertenti. Vestiti a modo, ma non troppo. Insomma, non si capisce bene come si faccia a fare un buon colloquio e in effetti l’unico buon consiglio che mi è stato dato e mi sento di girare è: fatene un milione. Bisogna fare esperienza anche nel fare i colloqui e più ne si fa, meglio è.

Una cosa che, a differenza dell’Italia, accade sostanzialmente sempre è chiederti se tu hai domande da fare. Il che, come potete immaginare, mi ha lasciato un po’ basito le prime volte. Che domande potrei fare io a un’azienda nel centro di Londra, il sogno di una vita?
Questo è un altro piccolo consiglio: evitate di dire “no, non ho domande”. Piuttosto, una classica domanda è: “cosa sente che io possa dare a quest’azienda?” o “come vede la sua azienda tra qui a 5 anni?”. Evitate ovviamente di parlare di soldi o ferie, se non espressamente richiesto.

Ma è importante capire che a Londra il nostro lavoro è visto come una risorsa per l’azienda.
Non si permetterebbero mai di dire “sentiti fortunato ad avere questo lavoro”.
Se dovessero pensarlo, ti lascerebbero a casa, semplicemente.

Così i colloqui sono diventati 11 in una settimana e poi 13.

Venerdì alle 18.30 avevo l’ultimo colloquio previsto. Temevo di non essere mai abbastanza. Ma ero contento, insomma, cinque giorni di colloqui, mi sentivo al centro del mondo. E mentre bevevo una birra, in quel venerdì sera, proprio loro mi chiedono di rimanere per la settimana seguente. Anzi, di iniziare domenica.
Decido di perdere il volo e dire sì. Sì, senza ombra di dubbio. Ed ecco come in cinque giorni netti ho trovato lavoro a Londra.

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